Sentenza della Corte di Cassazione n°31478 – anno 2022
“Il datore di lavoro non ha responsabilità nell’ipotesi in cui una attrezzatura di lavoro presenti un elemento di pericolo”
EVENTO
Un autista di una società che si occupa della gestione dei servizi per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti urbani, entrando in un’area privata per la raccolta e non potendo effettuare una manovra per via delle dimensioni della carreggiata, procede in retromarcia, avvalendosi degli specchietti retrovisori e della telecamera posta sul lato posteriore in cima al cassone del carico.
Malgrado l’uso regolare del lampeggiante e del segnalatore acustico intermittente, travolge una donna che, con le spalle rivolte al veicolo, stava transitando per raggiungere i cassonetti e gettare i rifiuti.
Per la morte della donna vengono condannati il datore di lavoro, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) ed il preposto poiché il luogo dove è avvenuto il sinistro deve considerarsi “luogo di lavoro” e le disposizioni rivolte alla tutela dei lavoratori debbono estendersi all’incolumità dei terzi presenti sul luogo di lavoro.
Premessa
La sentenza di secondo grado avviene per le seguenti motivazioni:
- Mancata esecuzione di sopralluoghi tramite la raccolta di dati e compilazione di schede di indagine per la valutazione dei rischi
- Mancata previsione nel DVR di misure atte a prevedere danni alle persone, che vengano a trovarsi nel raggio di azione dei mezzi (presenza di misure generiche per l’impatto esclusivamente contro le cose)
- Mancanza nel mezzo di trasporto di dispositivi idonei che consentono al conducente di visionare in modo completo la manovra di retromarcia
- Mancata previsione della presenza di un secondo operatore al fine di consentire di effettuare le manovre in sicurezza all’autista
La Corte, infine, esclude che il comportamento della donna, camminando al centro della strada dietro il mezzo e voltando le spalle ad esso, insieme alla nota incapacità di udire il segnalatore acustico, causata dall’ipoacusia, e di vedere adeguatamente, per problemi di vista, possa costituire evento interruttivo nel nesso causale fra la condotta degli imputati e l’evento.
RICORSO
(congiunto da parte degli imputati)
Gli imputati contestano che vi fossero elementi conoscibili ex ante per affermare che potessero prevedere la condotta di una persona terza e le seguenti “certezze processuali” della Corte:
- Responsabilità degli imputati
- Inidoneità del mezzo e DVR lacunoso
- Condotta imprevedibile della vittima
1)
Datore di lavoro: Mancata adozione di provvedimenti adeguati ad evitare che la raccolta di rifiuti con l’autocompattatore cagionasse rischi e pericoli per la salute della popolazione, verificando le aree e le manovre necessarie per il ritiro dei cassonetti, prevenendo il rischio connesso all’attività aziendale
RSPP: Assenza di sopralluoghi sulle aree interessate dalla raccolta e le manovre necessarie per effettuarla
Preposto: Mancata informazione all’autista delle condizioni di pericolo derivanti dalla manovra di retromarcia, ricollegabili ad un deficit di visibilità della zona retrostante il mezzo.
La responsabilità dell’evento viene addebitata agli imputati quale “responsabilità di posizione”, la totale assenza di una motivazione concreta sulla prevedibilità dell’evento e di aver adempiuto al loro dovere di diligenza, all’obbligo di adottare gli strumenti più moderni e tecnologici presenti in commercio e che, secondo l’orientamento giurisprudenziale, il datore di lavoro non può avere responsabilità nell’ipotesi in cui una macchina presenti un elemento di pericolo, inerente la sua fabbricazione o progettazione poiché la responsabilità è del produttore della macchina.
2)
Viene ricordato che secondo il consulente del PM, l’esecuzione della manovra da parte dell’autista fu impeccabile, sia nell’utilizzo degli specchietti che della telecamera e che il mezzo fosse conforme alla c.d. “Direttiva Macchine”, fosse stato omologato dal Ministero dei Trasporti e fosse stato periodicamente e positivamente revisionato, in quanto dotato di tutti gli ausili e dispositivi di sicurezza regolarmente funzionanti e attivati nella manovra di retromarcia al momento del sinistro.
Viene affermato che la società avesse acquistato il mezzo compattatore monoperatore, al fine di limitare al minimo il numero dei lavoratori esposti al rischio e che la valutazione dei rischi era correttamente avvenuta, istruendo gli operatori sui rischi derivanti dalla circolazione stradale.
3)
Il consulente del PM ha definito la condotta della donna ‘non del tutto prudenziale’, dato che per gettare i rifiuti nel cassonetto, anziché completare l’attraversamento della strada, la percorreva longitudinalmente, violando disposizioni del Codice della Strada. Come detto in precedenza, la donna, affetta da ipoacusia profonda, non indossava l’apparecchio acustico e quindi non poteva sentire il segnalatore acustico del mezzo durante la manovra di retromarcia.
Dunque, nonostante la corretta manovra effettuata dall’autista, della piena efficienza dell’autocompattatore e dei relativi dispositivi, è plausibile sostenere che se la vittima non avesse agito con imprudenza e non fosse stata affetta da sordità o avesse utilizzato l’apparecchio acustico, il tragico evento non si sarebbe verificato.
La condotta della vittima risulta, pertanto, come vera e propria causa imprevedibile, idonea da sola a produrre l’evento ed è necessario l’annullamento della sentenza a carico degli imputati.
E’ necessario, ora, considerare se vi siano i presupposti per l’estensibilità, ai soggetti estranei all’organizzazione dell’impresa, delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o si realizzi un altro tipo di rischio che esula dai doveri imposti alle figure previste dal D.lgs. 81/08.
DECISIONE
Ammissibile
La normativa antinfortunistica, secondo la giurisprudenza di legittimità, si estende anche ai terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, nel momento in cui dalla violazione di una regola cautelare sussista un legame causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento.
Però, non è sufficiente che si verifichi in occasione di lavoro e che sulla fonte di pericolo abbia potere di gestione il datore di lavoro, bensì è necessario che il soggetto terzo sia esposto al rischio lavorativo specifico alla stessa stregua di un lavoratore e che l’evento sia concretizzazione di tale rischio lavorativo, non fortuito.
Secondo quanto previsto dalla normativa europea (c.d. “Direttiva Macchine”), non è onere dell’utilizzatore provvedere ad ulteriori verifiche, essendoci una dichiarazione di conformità da parte dell’ente preposto in relazione alla sicurezza del veicolo ed al suo uso.
Detto ciò, non è possibile addebitare al datore di lavoro l’omessa valutazione della manovra di retromarcia effettuata dall’autista e l’omessa adibizione di più lavoratori all’utilizzo del veicolo.
Inoltre, l’omessa valutazione dei rischi derivanti dallo stato dei luoghi non è condivisibile perché in questo caso il datore di lavoro non ha potere conformativo, potendo esclusivamente valutare se ricorrere ad un mezzo o ad un altro e verificare se la manovra in sé possa essere svolta in sicurezza dai lavoratori, a seconda delle caratteristiche dei luoghi, al fine di evitare di esporre i lavoratori a rischi di natura lavorativa.
Cosicché, è possibile affermare che il rischio concretizzatosi non è dipeso né dalla violazione di un precetto rivolto alla tutela della salute dei lavoratori, ma dalla difettosità strutturale del mezzo che non consentiva la piena visuale della zona retrostante, benché fosse omologato, né dalla manovra dell’autista vista l’inconsapevolezza della zona “cieca” e quindi l’imprevedibilità per una valutazione da parte del datore di lavoro.
In conclusione, l’infortunio mortale è avvenuto “in occasione dello svolgimento di un’attività lavorativa”, ma non con “violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro”, perché il rischio concretizzatosi si pone al di fuori della sfera di gestione del datore di lavoro, limitandosi quest’ultimo ad assegnare all’attività un mezzo omologato con un solo operatore, e ritenendo la vittima esposta al rischio attinente alla sicurezza della circolazione stradale.
Sentenza-31478—23-agosto-2022.pdf
COMMENTO
In tema di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, il datore di lavoro è obbligato ad adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (art.2087 c.c.).
Tuttavia, secondo l’orientamento giurisprudenziale, possono essere “equiparati” ai prestatori di lavoro anche soggetti terzi, estranei all’organizzazione d’impresa, rispettando tutti i seguenti requisiti:
- L’evento deve verificarsi in occasione di lavoro e in un luogo di lavoro
- Esistenza di un nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento
- L’esposizione al rischio specifico, che la normativa mira ad evitare, è una conseguenza prevedibile e gestibile da parte del datore di lavoro
I giudici hanno ritenuto che questi requisiti non fossero soddisfatti visto che, in primis, il luogo è uno spazio pubblico in cui il datore di lavoro non ha poteri organizzativi e direttivi; in secondo luogo, gli obblighi del datore di lavoro, sanciti all’articolo 71 del D.lgs. 81/08, prevedono la “consegna/fornitura” ai lavoratori di attrezzature, già dichiarate sicure e conformi ai sensi dell’art.70, e non può essere richiesta, pertanto, al datore di lavoro nessuna valutazione “aggiuntiva” di sicurezza (i giudici avrebbero potuto valutare, al limite, la responsabilità del fabbricante e/o del fornitore).
In conclusione, al datore di lavoro, che ha adottato le misure opportune di prevenzione e protezione richieste dai precetti normativi, non può essere richiesto un “surplus” di tutela diversa dal D.lgs. 81/08.