Sentenza della Corte di Cassazione n°34944 – anno 2022

“Il datore di lavoro non ha l’obbligo di fornire il casco al dipendente”
 

EVENTO

Il datore di lavoro di una società di trasporto pizze a domicilio era stato assolto in primo grado dal reato di omicidio colposo, a seguito dell’incidente di un dipendente, poiché durante il dibattimento è stato accertato che in nessun caso il casco omologato di tipo jet indossato dal lavoratore avrebbe impedito l’evento mortale.
La Corte di appello, pur confermando il proscioglimento, ha ritenuto, invece, responsabile il datore di lavoro a titolo di colpa generica, quale soggetto titolare di una posizione di garanzia, per avere consentito al lavoratore l’utilizzo di un casco di tipo jet al posto di un casco integrale, visto che tale accorgimento avrebbe potuto causare danni di minore entità ed avrebbe potuto evitare l’evento mortale.

RICORSO

Il casco di tipo jet, durante l’istruttoria, è risultato omologato e la Corte di appello ha formulato un addebito non previsto (la necessità di utilizzo del casco integrale) e non imposto dalla legge. Infatti, la fornitura del casco non è un obbligo previsto del datore di lavoro e non potrebbe essere imposto l’utilizzo del casco integrale dato che non è un dispositivo di protezione individuale ai sensi della normativa prevenzionistica.

DECISIONE

Ammissibile

Il ragionamento condotto dalla Corte di appello è basato su una valutazione “ex post”, partendo dall’evento verificatosi e ipotizzando quali precauzioni avrebbero impedito l’evento. La normativa, però, prevede che il datore di lavoro debba provvedere diligentemente al rispetto della regola cautelare prima che un fatto si verifichi (“ex ante”) e che le violazioni, di cui è garante, sono di natura prevenzionistica.
Nel caso concreto, non sono state violate disposizioni di legge, dato che il codice stradale prevede che si possa circolare con qualsiasi casco omologato.
In conclusione, secondo il codice stradale non ci sono infrazioni addebitabili al datore di lavoro e il ragionamento della Corte di appello presenta vizi sia logici che giuridici inammissibili.

Sentenza-34944-del-21-09-2022.pdf

COMMENTO

Nella sentenza esposta si possono riassumere i due errori di valutazione della Corte di appello:

  • Il codice stradale afferma che “durante la marcia, ai conducenti e agli eventuali passeggeri di ciclomotori e motoveicoli è fatto obbligo di indossare e di tenere regolarmente allacciato un casco protettivo conforme ai tipi omologati, in conformità con i regolamenti emanati dall’Ufficio europeo per le Nazioni Unite – Commissione economica per l’Europa e con la normativa comunitaria”. Pertanto, non vengono fatte distinzioni per “categorie di utenti” ma solo di conformità legale.
  • Nel Testo Unico sulla salute e sicurezza, l’art.74, comma 2 dichiara che “non costituiscono DPI le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto”. Dunque, non rientrando nella definizione di DPI, il datore di lavoro non ha il dovere di scegliere quale tipologia di casco sia adatta durante l’orario di lavoro, ma di verificare esclusivamente che sia omologato come previsto dalla normativa vigente.